Cimitero Monumentale
Il Cimitero Monumentale
Adiacente alla consueta vita urbana si estende un tranquillo regno di pietra, un santuario per i ricordi, dove le parole superano i confini dell’esperienza personale, seducendoti con le loro storie. Il cimitero è una sorta di duplicato della città abitata, un riflesso speculare che narra la vita attraverso i messaggi incisi sulle tombe. Con una progettazione austera e funzionale, il cimitero riproduce l’atmosfera di sobrietà e disciplina caratteristica della comunità locale, distinguendosi dall’opulenza dei grandi mausolei o dalle audaci espressioni artistiche di alcune tombe famose come quella di Victor Noir a Parigi. Non è sorprendente che oggi i cimiteri siano considerati come musei a cielo aperto, offrendo attraverso monumenti e cappelle uno sguardo sulle culture passate. In questo luogo si trova una serena bellezza, una calma e una semplicità che trascendono la pura geografia, accompagnata dalla presenza maestosa dei cipressi, simboli di vita eterna, che si ergono come torce. Varco la soglia e mi ritrovo nell’Aquila del periodo del Risorgimento, alla fine del diciannovesimo secolo, dove Adelaide mi richiama con un medaglione decorato, accanto al busto in bronzo di suo padre, Pietro Marrelli, onorato nel nome della strada che un tempo percorrevamo. Ricordo poi la storia di un fedele compagno di Mazzini, un sostenitore della libertà, che visse con modestia, circondato dagli amici fino alla morte. Proseguendo, mi imbatto nel ricordo di un senatore celebrato per il suo contributo alla comunità e di una figura chiave nel movimento per i diritti LGBT, commemorato annualmente per la sua lotta contro la discriminazione. Nella quotidianità di questo “Spoon River” locale, emergono figure come quella di Gaetano Gigotti, raffigurato con eleganza, la cui famiglia è rimasta nel linguaggio popolare per un’espressione caratteristica, diventata proverbiale nonostante le vicissitudini storiche.
Pietro Marrelli
Oltrepassando la zona quotidiana, incontriamo il dottor De Marchis, armato di strumenti chirurgici e documenti antichi, e la signora Filomena, la cui robustezza fisica e abbigliamento ingombrante dell’ottocento evocano un’immagine di simpatia e goffaggine. Si intrecciano storie di negoziazioni con Valentino Cabalzar, un mercante di modesta ambizione originario del Canton Grigioni, e un proprietario terriero, rappresentato accanto ai prodotti della terra. L’Istituto tecnico omaggia il professore Antonio Gregori per il suo impatto duraturo sui suoi studenti ancora nel 1884, mentre un’altra area del cimitero rievoca la guerra attraverso simboli militari e le storie di soldati che hanno affrontato destini avversi, inclusi quelli della prima e della seconda guerra mondiale, con ritratti e memorie di coraggio e sacrificio.
Francesca Chiodi emerge come una figura emblematica della cultura dell’epoca, il suo volto adornato da un cappello elegante, la sua vita un intreccio di amore, passione e tragedia, che culmina in un drammatico episodio di omicidio-suicidio a Genova nel 1911, diventando soggetto di narrazioni letterarie.
Statue evocative di giovani donne, angeli, e simboli di pace e riflessione abbelliscono il luogo, tra cui il commovente addio di una madre, opera di Sabatino Tarquini, e il ricordo di un giovane aviatore precipitato durante la prima guerra mondiale, così come la toccante storia di un giovane studente yugoslavo, vittima dei nazifascisti, la cui tomba è diventata un monumento al sacrificio e alla memoria collettiva.
Simbolismi scultorei narrano storie di vite passate, con elementi liberty e art déco che si fondono in un dialogo tra il passato e le future generazioni. Rotture, virtù, forza e tradimenti sono rappresentati attraverso motivi iconografici che variano dalle colonne spezzate all’alloro, dalla quercia al salice piangente, delineando un linguaggio che parla di vita, morte, e memoria.
La diversità nelle pratiche di sepoltura riflette le distinzioni sociali, dalle elaborate cappelle a semplici croci di ferro, testimoniando la democrazia della morte e l’ineguaglianza nella memoria. Il paesaggio, segnato da abbandono e degrado, rispecchia una città parallela di macerie e ricordi, un richiamo alla resilienza e alla capacità di conservare la memoria attraverso il tempo.
L’esperienza si conclude con un ritorno alla vita, accompagnata dalle note di “Gracias a la Vida” di Violeta Parra, un inno di gratitudine che lega indissolubilmente la vita alla morte, il dolore alla gioia, in un ciclo eterno di ricordo e dimenticanza.
Karl Ulrichs
Gaetano Gigotti
No Comments
Sorry, the comment form is closed at this time.